La favola di Greta Qui mondo

9503748_3811132

C’è chi la vede come novella messia venuta a salvare il mondo, la proclama donna dell’anno in attesa di darle il Nobel. Chi l’accosta alla fraulein cara all’iconografia ariana per le sue treccine bionde e il faccino tondo, pura reincarnazione himmleriana. C’è chi al vederla minaccia di comprare il Suv per inquinare di più, e chi scende in piazza al suo grido di battaglia: salvare il pianeta, mentre i grandi della terra fanno a gara per omaggiarla con un selfie o un baciamano. E c’è chi già gli fa il verso, come la conterranea Izabella. È una favola bella quella di Greta Thunberg, eroina bambina capace di mettere d’accordo tutti, dalle masse ai potenti d’ogni parrocchia. Dai capintesta della turbofinanza europea come Juncker ai principi della neosinistra come Varoufakis, che già prepara una lista europea in suo nome. Finanche il principe della chiesa la riceve in pompa magna, mentre lei candidamente inalbera un cartello con scritto: “Join the climate strike”, unisciti allo sciopero per il clima. Dopo la benedizione papale solo Trump e Xi mancano all’appello, nicchiano. Ma loro sono i padroni del vapore, quelli che inquinano davvero, mica quei cacasotto d’europei, e sono troppo smagati per credere alle favole.

È davvero una bella favola – diremmo miracolo, se il vecchio ateo che alberga in noi non si ribellasse all’idea – che una bimbetta svedese d’ottima e nota famiglia, immancabilmente vegana e autistica conclamata (vale a dire incapace di relazionarsi agli altri e ossessiva nelle sue paure, come recita la sindrome di Asperger di cui sarebbe affetta) sia in grado di comunicare al mondo. A tutti e in modo così pervasivo. Ché il vero miracolo – stavolta anche il vecchio ateo deve arrendersi all’evidenza dei fatti – è la prontezza con cui il circo mediatico s’è impadronito della cara immaginetta, spandendone a profusione, a diletto del pubblico.

Corollario a quest’ultimo miracolo, o favola che dir si voglia, è che se a patrocinare la decrescita felice per vivere meglio sono economisti e filosofi, e persino un comico prestato alla politica qual è Grillo, questi vengono tacciati d’essere piantagrane e acchiappanuvoli, ma se è una bimbetta in odore d’autismo a farlo, la platea mondiale si commuove e s’accoda.

Che il pianeta sia in fiamme – come recita il best seller prontamente edito dalla Mondadori, con la pensosa Greta in copertina – è tema caro alle folle che la seguono quanto agli inquinatori che ne hanno sposato la causa. Che l’incendio sia appiccato dall’uomo, o piuttosto rientri nei disastri naturali del pianeta, è cosa dibattuta e incerta. E se è cosa buona e giusta smettere d’inquinare o consumare diversamente, eticamente doveroso e ce lo chiede la crisi di sistema, forse non basterà a risolvere i disastri causati da mani umane. In primis il riscaldamento globale.

Vero è che un grado in più, esiziale per lo scioglimento dei ghiacci perenni, è un fatto contemporaneo, mentre la lunga storia di glaciazioni e abbrustolimenti cui è sottoposto ciclicamente il pianeta è questione assai più lunga e complessa della presenza umana sulla terra. La fine dell’ultima glaciazione, coeva all’inabissamento d’Atlantide di platonica memoria, è vecchia di oltre una decina di migliaia d’anni fa. Il risveglio dei vulcani, pure quello sopito dei Colli Albani che decreterà – chissà – la fine della Città eterna, è dato per certa dai vulcanologi fra qualche decina di migliaia d’anni, in barba a ogni attività umana. Nell’attesa, Greta lancia il suo monito, con la freschezza dei sedici anni, e non possiamo che pendere dalle sue labbra e chinarci a tanta soave saggezza, per domare l’incendio e credere alla favola – al miracolo? – che ci salverà tutti.

Aspettando la salvazione, un dubbio. Che tanta sagacia non sia del tutto spontanea, piuttosto frutto di un ben congegnato ingegno, col beneplacito della famiglia e apparecchiato ad arte dal circo mediatico, a uso del grande pubblico. A che pro? Azzardiamo qualche ipotesi. La soluzione più ovvia è nell’imminenza delle elezioni europee: dato per certo il tracollo del fronte europeista, c’è chi prepara una barca di salvataggio, un bel contenitore verde smeraldo e politically correct. Su questa barca sono già salpati i Varoufakis e gli Zingaretti, orfani di ben altre frecce all’arco dell’ideologia. Battere sul tasto dell’emergenza perenne può giustificare tutto: tagli, liberalizzazioni e privatizzazioni, cosa non si farebbe in nome del progresso? D’altro segno gli sponsor di Greta come arma di distrazione di massa e volano dell’economia verde, chi vede oltre la curva e sa che il “green business” è l’opzione disponibile in tempi di tracollo dell’economia reale e fine delle fonti energetiche tradizionali.

Ma c’è un altro, e più potente stimolo a cui risponde la piccola Greta. L’essere l’apripista di un sistema d’arma di dissuasione morale più avanzato dei diritti umani, più esportabile della democrazia. Quale guerra non si combatterebbe per salvare il pianeta e risanare l’ecosistema, salvare cavoli e caprioli? Quale motivazione umanitaria migliore che combattere i nemici dell’umanità, i non allineati alle risorse (in)disponibili perché siano di tutti? Sorbole complottiste? Mannò, meglio credere alle favole, ai miracoli. Chi vivrà vedrà, intanto vieni avanti Gretina, salva il pianeta, salvaci tutti. Con l’augurio che qualcuno salvi te, innocente bimbetta, dalle mene di famiglia e dal clangore ad usum Delphini, dal circo mediatico scatenato da un’oculata regia.


Recommended Posts

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>