Newly elected Pope Leo XIV, Cardinal Robert Francis Prevost from the USA, blesses faithfuls from the central loggia of Saint Peter's Basilica, Vatican City, 08 May 2025
ANSA/ETTORE FERRARI Qui mondo

Pope Bob2ok

Eredità e riflessioni sul dopo Francesco e il primo pontefice statunitense della storia

Prima c’era Francesco che parlava coi lupi, ora abbiamo un Leone che speriamo ci liberi dai lupi. È in questa battuta che gira nelle segrete stanze vaticane il senso dell’elezione al soglio pontificio di Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost. Pope Bob, come lo chiamano dalle sue parti, nella Chicago già culla del proibizionismo e della civiltà industriale Usa in bancarotta, è il secondo papa americano e il primo statunitense, con buona pace del circo mediatico e di quanti s’ostinano a confondere le due cose. Sorriso suadente e commosso cipiglio, ha subito messo in chiaro chi è, da dove viene e dove vuole andare a parare: sono figlio di Sant’Agostino – ha dichiarato affacciandosi dal balcone, incespicando sulle parole ma non sul senso – e v’accompagnerò dilà, verso quella Città di Dio che non è di questo mondo. Tantomeno piegarsi ad esso come soleva fare il suo predecessore, avranno auspicato o temuto molti tra la folla osannante e alle sue spalle.

Se nomen est omen, per dirla con l’abusato detto latino, la scelta del nome parla chiaro. Con il richiamo a Leone XIII che sul finire dell’Ottocento volle chiarire nell’enciclica Rerum novarum la dottrina sociale della chiesa ai tempi del socialismo, condannato senza se e senza ma, ponendo al contempo un freno ai guasti del capitalismo imperante con la rivoluzione industriale, è plausibile che oggi chi ne raccoglie il nome veda nel limitare i danni che la rivoluzione digitale e l’intelligenza artificiale procureranno a un mondo di paria deprivati del lavoro la missione del papato ai nostri giorni. Chissà. Poi c’è, da subito, quel richiamo alla pace in un mondo sempre più preda di furori bellicisti, e all’unità della chiesa che certo Francesco non ha favorito, con il suo ecumenismo globalpopolare.

Strano destino, quello del papa venuto dall’altro mondo che ha voluto rifarsi al santo poverello e ha permeato di sé il magistero di Pietro per oltre due lustri. Pochi pontefici come papa Bergoglio sono stati allo stesso tempo inclusivi – per usare un’altra parolina abusata ai nostri dì – e divisivi. Nessun papa – neanche Roncalli e Luciani – hanno conciliato quel suo calore umano, il sorriso e la gentilezza, con la sfrontatezza del parlar chiaro e a volte a sproposito, l’estemporaneità e la durezza di certe prese di posizione urbe et orbe, nel popolo di Dio e fuori dalle mura vaticane. Quelle che lo scomunicato monsignor Viganò ha definito crimini degni d’un antipapa, a salma ancora calda.

Se umanità e combattività sono state le peculiarità di Francesco, altro si chiede al suo successore che da lui ha ricevuto la porpora cardinalizia, due anni fa, e ne raccoglie l’eredità. Tutti lo tirano per la giacchetta, tutti lo vogliono dalla loro parte. C’è chi lo vuole vicino a Trump e fido repubblicano e chi già lo vede calcare l’orma del progresso lasciata da Francesco. Ma conservatore e progressista sono categorie buone per gazzettieri e pubblico di piazza, mal si attagliano a chi siede sul soglio di Pietro. Per ora la sola certezza è che papa Bob ha un sorriso che piace, un cipiglio che rassicura. Dovrà cataminarsi tra le segrete stanze e fuori più e meglio di come cavalcava in Perù da missionario. Speriamo non finisca come quel King Bob dei Minions che s’è trovato la corona in capo manovrato dalla perfida Scarlett.

Per ora l’unica certezza è che il collegio cardinalizio ha guardato agli Usa e all’Occidente più che alla Cina e all’Oriente, per un dialogo non più tra sordi e l’unità della chiesa cattolica al primo quarto del terzo millennio. Tertium non datur, visto che una via di mezzo non c’è stata: i papabili italiani sono tornati con le pive nel sacco. Parolin, entrato papa in conclave ne è uscito men che cardinale, come vuole la tradizione, e Zuppi dovrà contentarsi dello scudetto al Bologna, quando sarà. Quanto al papa nero, Nostradamus e la chiesa di Roma dovranno attendere ancora.


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