I missili di Xi e le gonne del dragone Qui mondo

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Era l’87 quando l’Unione Sovietica celebrò il settantennale della rivoluzione d’Ottobre con una gran parata sulla piazza Rossa. C’era Gorbacev a sventolare la mano dal mausoleo di Lenin ai carrarmati con la stella rossa rombanti e alla folla, la voglia in bellavista sulla crapapelata, tra i capintesta della nomenklatura. Nessuno lo sapeva, ma quella storica sfilata sarebbe stata tra l’ultime dell’Urss, e del socialismo realizzato presto la storia avrebbe fatto stracci.

Nessun presagio della fine traspare dalla parata d’ottobre a Pechino, anzi. Nella celebrazione dei settant’anni della rivoluzione maoista, la più grande della sua storia, la Cina comunista mostra i muscoli come mai prima d’ora. Quindicimila militari in rappresentanza di oltre due milioni di uomini e donne in armi nella repubblica popolare, centinaia di mezzi terrestri e aerei, fiori all’occhiello del secondo bilancio militare mondiale per la difesa, dopo gl’inarrivabili Usa.

A rubare la scena, tra vari gioiellini ipersonici difficili da intercettare per i radar, il nuovo e temibile Df41, l’ultimo nato dei missili intercontinentali. Presente alla sfilata con il padre dei vettori balistici cinesi, il Df5, vecchio di trent’anni ma ancora in salute. Un mastodontico vibratore, all’apparenza, capace di raggiungere ogni punto del globo in mezz’ora. Più che le grazie di soldatesse simili a soubrette, in sgargianti divise rosse, gonne in tinta e chepì bianco, il coso ha fatto drizzare l’antenne e sgranare gli occhi agli osservatori occidentali, dato peso alle parole del presidente Xi Jinping.

Lo Xi pensiero è netto, come la prova di forza con cui la Cina più che spaventare intende ammonire i nemici del Dragone. E pone, come i suoi predecessori, il partito unico garante di unità interna ed esterna, imprescindibile la tutela degli interessi globali della nuova superpotenza orientale. La Nato, che nella sua proiezione mondiale intende inserire la Cina tra le minacce del pianeta, è avvisata. A Hong Kong i manifestanti e i loro sodali occidentali continuino pure con i trastulli della democrazia, ma il mondo si guardi da sfrucugliare oltre il limite un gigante non più dai piedi d’argilla.


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