L’alito del drago Belpaese

Le lacrime di Rocco Casalino mentre Conte & compagna fanno ciao con la manina. Gli scudi di plexiglas a separare la prima riunione dei neoministri. Il suono della campanella, stonato più che mai. Non passerà alla storia per questo il governo Draghi, salvatore della patria e della Repubblica. Quanto per una percentuale di consensi bulgara che avrebbe fatto impallidire il plenum d’ogni comitato centrale e democrazia popolare. Neppure ai tempi dei governicchi di solidarietà nazionale, e via via risalendo per li rami al Patto Gentiloni o al connubio Cavour-Rattazzi s’era mai visto uno spettacolo simile nel bel suolo italico. Persino il listone col quale il duce sbancò alla Camera nel ‘24 non ebbe i voti che Mario porta in dote alla patria. Aspettiamo l’ovazione, l’acclamazione liberatoria & risarcitoria, a che pro il voto?

Tanto entusiastico consenso, condito da una dose di piaggeria non usuale anche per gli elevatissimi standard italici, è qualcosa d’ineguagliato nella storia del Belpaese. Par quasi che l’atavico sport del salto sul carro del vincitore si sia arricchito di qualcosa d’inedito. Che lo scilinguagnolo dei servi superi d’una spanna il già noto, il già visto. C’è posto per tutti sul carro del console Mario, e manco un puttino a spifferargli all’orecchi: bada, sei un comune mortale, come d’uso nei trionfi romani. Tutti plaudono, e s’accodano. Il redivivo Cavaliere, con le sue immarcescibili ancelle. Salvini che s’addorme, poi in sogno rivendica, novello Costantino, una particina di destra grazie al tris dei suoi. Grillo che gongola, fulminato sulla via di Montecitorio, e plaude a quel che resta dei suoi e al ministero dell’ecologia, nuovo di palta. I pieddini, va da sé, talmente usi ai giri di valzer che manco val la pena parlarne. Nella carrettata dei tecnici, competenti per antonomasia, c’è un posto per tutti, buon ultimo quel donnino di Renzi che è il vero deus ex machina dell’affaire, il salvatore della patria in pectore. Resta fuori l’improvvida Meloni, ma solo per fare un po’ di melina, astenersi e saltare il fosso, che l’opposizione non è roba da apparecchiare in tavola.

Tanta corrispondenza d’amorosi sensi non s’avrebbe se la memoria non fosse più che corta, e bislacca. Una voragine che i mestatori della grande narrazione possono saltare a pié pari. Chi ricorda parole e azioni del console Mario ai tempi del Britannia, quando con l’accorto compare Prodi e una masnada di privatizzatori dette il là al sacco d’Italia? Le vicende del panfilo di marca inglese, derubricate da complotto – quello sì – a barzelletta dopo le rivelazioni di Cossiga sono anticaglia. Chi rivanga gli anni passati alla Bce, le lacrime e il sangue fatto versare ai greci? «Uomo di singolare doppiezza – si chiede Blondet – senza scrupoli, sempre d’accordo con l’ideologia vigente dei miliardari, attuerà il Grande Reset del World economic forum, che è l’ortodossia del momento?». La domanda, oltre che retorica, appare peregrina. Ad essa non possiamo che rispondere con il poeta, a proposito dell’infido Barbariccia: “Ed elli avea del cul fatto trombetta”, dando l’avanti marsc ai suoi diavoli. L’alito, fetido, del drago.


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