La scrittore Mario Desiati durante la serata  finale della LXXVI edizione del Premio Strega, Roma, 7 Luglio 2022. ANSA/GIUSEPPE LAMI Belle lettere

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Dal look, più che dal libro. Il resto è noia. Einaudi vince lo Strega numero 76 con l’autore di Straniati, uno dei due candidati in lizza per la casa editrice. Alla Raimo i premi giovani e offPigliate un signore di mezz’età, vestito come un dandy coi saldi di fine siècle (l’ultimo o l’altro, fatevoi). Camiciola girocollo di bianca seta coi volant, completo a quadri stile “optical art”, fazzoletto arcobaleno al taschino. Collarino da gattino in calore al collo con tanto d’anellino, trucco sotto al parrucco e, vezzosissimo, un ventaglio rosa, a fiorelloni. Ché la serata è stata afosa e pure piovosa: un bell’acquazzone ha rischiato di mandare tutti al guazzo e tutto a scatafascio. Ecco, un tipo così, Mario Desiati, ha vinto lo Strega numero Settantasei. Come da previsioni, nientediché. Con gli altri a far da contorno a una pietanza briosa & gustosa come un merluzzetto e verdurine lesse in frigo. Senza manco un filo d’olio.

Nell’ordine, dopo Spatriati giunto a quota 166 voti per l’Einaudi: Claudio Piersanti e Alessandra Carati, sul podio con, rispettivamente, Quel maledetto Vronskij (Rizzoli, 90), E poi saremo salvi (Mondadori, 83). E ancora: Veronica Raimo, Niente di vero (altro Einaudi, 62), già vincitrice delle sezioni giovani e off del premio; Marco Amerighi, Randagi (Bollati Boringhieri, un voto sotto); Fabio Bacà, Nova (Adelphi, 51); Veronica Galletta, Nina sull’argine (Minimum fax, 24). Ecco la scaletta d’arrivo della settina in cinquina. Sette come i nani, grazie agli arzigogoli e ai ripescaggi d’un premio un dì glorioso e sempre più squinternato, con buona pace del duo Bellonci & Rimoaldi buonanime. Raffazzonato come la diretta di Raitre sotto ai piovaschi. Con l’Einaudi a far manbassa di premi e premiucci, pur mettendo ancora in lizza due candidati, l’un contro l’altro amati, a riprova d’uno smottamento interno e di senso sempre più irrefrenabile.

Dopo il pur valente Emanuele Trevi, vincitore della scorsa edizione con Due vite e presentatore dell’edizione appena conclusa, come da copione, sembrava che si fosse giunti al capolinea d’una certa narrativa ombelicale, oltre non si poteva andare. E invece s’è cominciato a scavare, giù a rompicollo. Il terreno è sempre quello, molliccio e vermiglioso: la famigliola borghese rotta & sfatta; amori persi & diversi. Vizi privati esposti come pubbliche virtù, tutto un triturame spacciato come novella letteratura. C’è un’aria muffa, stantìa, sugli scaffali: libri nuovi di zecca polverosi come nel bugigattolo d’un rigattiere. Di nuovo c’è l’accanimento sul cadavere, manco più una voce stecca nel coro, circola dissonante tra i salotti letterari qualisiano. Tutto politicamente e culturalmente corretto, stracotto, scontato. Come in politica. Nani si levano controsole, a far ombra. Non è tutta responsabilità del sacco autoriale, certo, i tempi sono questi, d’onesti mestieranti più proni al marketing di tendenza che alla sostanza letteraria, ma insomma.

Di Desiati che dire? Per lui parla il curriculum. Una fuga dalla Puglia profonda & feconda, nascita a Locorotondo (1977) e infanzia a Martina Franca, esordi da poeta, frequentatore dei salotti capitolini giusti dove regnano impegno e alternativa – caporedattore a Nuovi Argomenti, editor Mondadori, direttore editoriale Fandango, per dire – a scorrere la lista dei titoli editi e degli editori c’è da rifarsi la vista e il trucco, come dopo una serata di pioggia. Così, ci si può far stregare dal suo look, persino e piacendo, più che dal resto e dalla storia d’adolescenti inquieti, del sesso come via di scampo e d’inciampo. Del libro ne riparleremo a suo tempo, per ora ci porti il vento.


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