Charlie Hebdo, tutti morti. Anche la libertà Le parole sono pietre

Il mondo, è nel mezzo degli opposti estremismi, di chi esporta la guerra e di chi la riporta nel seno dell’Occidente, sarà più difficile restare lucidi.

Charlie Hebdo, esito scontato per una strage che sa di bruciato

Alla fine, è davvero un copione che puzza di bruciato. Come tre anni fa a Tolosa – ma con tempi assai più stretti – l’esito della strage di Parigi è lo stesso. Gli attentatori morti, a seppellire coi loro silenzi, una volta per sempre, i possibili retroscena di una strage che i servizi algerini avevano – sembra – annunciato ai loro colleghi transalpini.

I due fratelli Kouachi, Said e Chérif, a quanto pare in contatto coi vertici del qaedismo yemenita, eliminati a nord di Parigi, e il presunto terzo killer, Amedy Coulibaly, anche lui vecchia conoscenza dell’intelligence, fatto fuori a sud della capitale. Dopo che Amid Mourad, di 19 anni, sospettato di aver preso parte del commando si sarebbe rivelato estraneo alla strage di Charlie Hebdo. Tutti morti, dunque, eccetto la compagna di Coulibaly, che nel suo girovagare per le galere d’Oltralpe aveva avuto modo d’incontrare persino il presidente Sarkò. Di lei, Hayat Boumeddiene, data per rinchiusa nello stesso ipermercato kosher teatro dell’irruzione delle forze speciali, costata la vita a quattro ostaggi, non vi sarebbe traccia. Scomparsa assieme agli ostaggi liberati o mai apparsa sulla scena del crimine. Tutti morti i killer, come quel Mohammed Merah autore delle stragi costate la vita a sette persone nell’ottobre 2012, a lungo collaboratore dei servizi segreti francesi in operazioni di infiltrazione del mondo jihadista e poi, vai a capire perché, passato dall’altra parte.

Tutti morti, dunque. Forse aveva ragione Aldo Giannuli a sentire puzza di bruciato e a scriverne sul suo sito, poi ripreso dal blog di Grillo, a dire che dietro alla probabile pista qaedista si sono mosse ben altre manine nella strage della redazione di Charlie Hebdo, forse no. Forse è davvero la copertina di Linus quella dell’estremismo islamico, ché ognuno tira dove più gli conviene, alla faccia dei morti ammazzati e delle idee strombazzate. Certo è che, ancora una volta, il piombo cuce bocche che aperte avrebbero avuto cose interessanti da dire. E la morte degli assassini si aggiunge agli svariati punti oscuri della strage. Di come estremisti tanto professionali siano incappati in errori tanto madornali e seriali, dallo sbaglio di portone alla mancata esecuzione di alcuni presenti, compreso chi quel portone gli ha aperto, dal giro propagandistico fuori dall’auto gridando slogan a effetto, all’esecuzione del gendarme ferito ancora più a effetto, dalla dimenticanza (?) nell’auto delle classiche molotov e bandiere a quella, ancora più assurda, dei documenti, senza la quale nessuno avrebbe saputo chi e dove cercare, per tacere dei comodi tempi di fuga, sparacchiando qua e là dopo la strage.

 

Ma queste, si sa, sono teorie complottiste e nel Belpaese dello stragismo, da Portella della Ginestra a Ustica e Bologna, passando per l’affaire Moro, si guarda a esse con toni da stadio più che nell’otica della ricerca della verità. E la verità, oggi che la manovalanza omicida è stata messa a tacere, in tempi rapidi e con la solerzia finora mancata, è assai più difficile da trovare. Forse, semplicemente non esiste. Certo con la loro uccisione sarà più difficile capire chi ha mosso le fila di killer tanto “maldestri e fortunati”, per dirla con le parole di un responsabile dei servizi francesi, di una strage tanto annunciata quanto gestita con apparente imperizia dai tutori dell’ordine, ma dall’epilogo sommario e scontato. Ora che la Francia, l’Europa, il mondo, è nel mezzo degli opposti estremismi, di chi esporta la guerra e di chi la riporta nel seno dell’Occidente, sarà più difficile restare nel mezzo, lucidi come ammonisce Vauro. E forse, davvero, la libertà è quella che paga il prezzo più alto, quale essa sia.


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