Io sono il cetriolo dio tuo Qui mondo

Dall’Inghilterra l’ultima follia della contemporaneità: il veganesimo come religione. Norwich non è solo una bella sfilata di colorate casette sul Wensum, a un centinaio di miglia da Londra. Il capoluogo del Norfolk, in Inghilterra, ha da oggi un’attrattiva in più. La possibilità d’aprirsi a una nuova fede. Un tribunale locale ha emesso una sentenza originale, come spesso capita agl’inglesi, riconoscendo a un tale il diritto di professare il veganesino come religione. Dunque l’impossibilità d’essere discriminato (e licenziato) per tale fede.

Coltivatori in campana: nell’orto potreste trovarvi schiere d’adoratori di rape e pomodori, e guai a dire che voi gli ortaggi li mangiate e basta, correreste il rischio d’essere accusati di sacrilegio se la sentenza della cittadina inglese è destinata a fare scuola. È certo prematuro prepararsi al mantra: io sono il cetriolo dio tuo, non avrai altro dio all’infuori di me, ma sorge qualche perplessità. Non tanto di fede ché, al fondo, ognuno è libero d’adorare chi vuole, un pezzo di legno in croce, un sasso piovuto dal cielo o un rotolo di cartapecora muffa come un baccello, se non danneggia nessuno oltre sé stesso. La perplessità è piuttosto su quanto il veganesimo deragli nel farsi tendenza, al punto d’essere sintomo di malattia mentale più che stile di vita salutista.

Un timore non eccessivo, viste le cronache che registrano a Nuoro il ricovero d’un bimbo sottonutrito perché costretto dai genitori a una dieta vegana, o l’altro morto in Florida, a diciotto mesi, perché nutrito a frutta e verdure crude. O, di contro, quel tale che s’è messo a divorare scoiattoli davanti a un food market vegano di Soho, a Londra, per protesta al credo d’ogni buon veganiano che rifiuta di cibarsi di carne come d’ogni altro alimento di derivazione animale, siano uova o latte. Non sarà un cetriolo a salvare le nostre anime o la Gran Bretagna dalla Brexit, ma intanto il cetriolo ha smesso d’infilarsi in quel posto all’ortolano per rimbalzare nel didietro un po’ di tutti.


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