Qui mondo
Grace for the world, riflessioni sul megaconcerto a San Pietro per il Giubileo della pace e la chiesa
Si discettava tempo fa, con un caro amico prete, cosa la chiesa potesse fare per la pace in Palestina. L’amico diceva che il pontefice avrebbe dovuto scendere dal soglio di Pietro e portare la croce fino a Gaza, seguito da chi voleva. E tanto peggio se un missile o un cecchino avessero messo fine all’impresa. L’idea, eclatante, non è nuova. La concretizzò, senza esito, San Francesco trascinandosi fino a Damietta, mezzo cecato com’era, per mettersi in mezzo tra cristiani e musulmani nella quinta crociata. Sarebbe stata davvero una nuova crociata, di pace stavolta, nel mezzo del genocidio che si consuma nell’indifferenza e nell’ipocrisia generale nei confronti dei palestinesi. Un altro caro amico, ferocemente antisraelita, sosteneva che il pontefice avrebbe almeno dovuto emulare la preghiera corale con la quale papa Ratzinger rallentò – a suo dire – la dissoluzione della Siria. Né l’una, né l’altra. Dopo l’abbraccio al firmabombe Herzog in Vaticano, Grace for the world, La kermesse a stelle e strisce andata in scena sabato sera sul sagrato di San Pietro, nell’epicentro della cristianità, sunteggia al meglio la posizione della chiesa leonina, è cartina di tornasole del suo riflettere – flettersi? – sul mondo.
Lo spettacolo, anzitutto. Grace for the world – Grazia per il mondo – a un’occhiata superficiale spettacolarizza, coerentemente ai tempi, il Giubileo per la pace voluto da papa Leone. Un esercito di droni ha tenuto naso all’insù la folla stipata gratis in piazza san Pietro. Dalle colombe all’omaggio a papa Francesco, dalla megascritta Joy, invece della banalissima peace, alla pietà michelangiolesca: uno spettacolo vero, anche per chi non è nuovo a simili eventi o ha visto solo sciami di droni manovrati dall’intelligenza artificiale usati per ben altri, men nobili scopi. Poi il megaconcerto, con una miriade d’ospiti messi insieme da Andrea Bocelli e Pharrell Williams, ideatori e protagonisti dell’evento. Pareva che i cori gospel si fossero trasferiti da una chiesola del Tennessee all’epicentro della cristianità. Pareva, a tratti, che la chiesa fosse tornata davvero ai tempi del suo massimo splendore, della chiesa trionfante con la sua luce sulle tenebre del mondo, capace di raccogliere attorno e sotto di sé i migliori artisti e intellettuali per portare il suo messaggio all’urbe e all’orbe, con un linguaggio coèvo. Pareva.
Poi, nello sfilacciarsi dei droni sul cupolone, tra un coro Gospel e un Magnificat, t’accorgi del resto. Dell’eventone passato, oltre che sul canale della Cei, su Rete quattro, commentato dalla sagomata Federica Panicucci. Eh si che sulla rete ammiraglia Rai, un tempo lontano feudo diccì, c’era un’altra kermesse canora di bel pregio. Poi vedi quel vescovo in marsina di seta che dirige il coro, coperto di bracciali e orologi griffati che pare uscito da un saldo compraoro. Guardi il bel faccino dell’attivista per i diritti civili a senso unico d’una misconosciuta fede orientale. Miri il cantautorone rap da 160 chili con le croci tatuate in faccia, a mo’ di lacrime, alzare le mani al cielo e blaterare amenità. Lo stesso che porta avanti la sua battaglia per la fecondazione in vitro selfandosi in diretta con la graziosa mogliettina. Ascolti il messaggio letto rigorosamente in inglese in bell’accento italiano dal nuovo prefetto della congregazione per la fede che invita a restare umani in tempi d’intelligenza artificiale. Eccetera. Insomma, il meglio – peggio – della modernità inclusiva & antidivisiva.
Orbene, accade che mentre ammiri questo po’ po’ di roba e ti dici che beh, sì, insomma cosa pretendi se a tirare le redini dello spettacolone siano Bocelli e Williams, il geniale negretto biondino direttore creativo della moda uomo – si fa per dire – Louis Vuitton, a lento a lento il dubbio s’insinua in te. Che tanta roba non sia quel che vedi, ma altro. Che il gran spettacolo veicoli non certo la grazia divina, men che meno la pace per Gaza, mai nominata manco per sbaglio, o qualche altrove. Che tanta modernità & inclusività non siano la vecchia solfa della chiesa che tutto abbraccia e trattiene a sé, miracolo tutto umano d’unione e saldezza attraverso i tempi, ma grimaldello per veicolare il cupio dissolvi dei tempi nuovi dentro e al centro della cristianità. Tarlo nel vecchio legno della chiesa, ormai pronta a fracassarsi. E qui viene a mente l’altro amico caro, mal per lui supporter di Netanyahu, che in un suo romanzo, Imago lux, fa passecchiare il demonio tra le mura capitoline, fin dentro le segrete stanze vaticane. E ti viene in mente che quel che vedi e senti ha il puzzo di certe messe sataniche. Ma questi son pensieri apocalittici che il coretto gospel presto scaccia, il drone luminescente dissolve. E vai col battimani all’americanata a Roma.
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