3D render of a robot treefrog on a branch Qui mondo

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Come una ranocchietta rappresenti un passo avanti per la robotica e la madre di future sciagure. Era il 1802 quando Francois Marie Daudin, zoologo francese che sarebbe morto l’anno seguente, a 27 anni, scoprì e classificò lo Xenopo liscio. Una ranocchietta australe tendente all’olivastro che nulla ha di speciale, se non una particolare predilezione per fare da cavia nella ricerca scientifica. Organismo modello in biologia evolutiva dello sviluppo, usato per uno dei primi test di gravidanza, tra i primi vertebrati a essere clonati, nel 1958, quando Dolly era di là da venire. Lo Xenopus laevis – questo il nome scientifico – è tornato alla ribalta della scienza per aver dato i natali al primo robot biologico, ribattezzato Xenobot. Microrganismi artificiali in grado di muoversi e sopravvivere in ambiente liquido, anche se per poco tempo.

A vederli al microscopio sembrano nuvolette galleggianti nell’iperspazio. I ricercatori entusiasti e gli sponsor munifici già immaginano le future applicazioni: iniettarli in endovena per veicolare farmaci in una qualche missione finora impossibile; spargerli nell’etere per rimuovere particelle inquinanti. Chi più ne ha più n’immagini e poco importa che, ammoniscono gli scettici, il loro costo di produzione è al momento proibitivo e le probabilità che simili organismi nati in vitro sopravvivano all’aria aperta o nel corpo umano siano praticamente nulle. Il primo passo è fatto, e per l’umanità è un gran passo avanti.

A meno che non si voglia rimembrare la profezia di Jacques Attali: «Poi l’uomo – scriveva il consigliere di Mitterrand e mentore di Macron nella sua Breve storia del futuro – fabbricato alla fine come un artefatto, non conoscerà più la morte. Sull’esempio di tutti gli oggetti industriali, non potrà più morire, dal momento che non sarà mai nato». Per fortuna, rassicura il buon Attali, una bella guerra mondiale scongiurerà tale sconquasso, da qui a un ventennio. Nell’attesa, i robot toglieranno dalla circolazione circa al’80% dei lavori attuali, né si sa di cosa camperanno gli esclusi. Ahi Daudin di quanto mal fu matre, per dirla come Dante, la tua ranocchia.


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