
Mentre la grande stampa internazionale resta appecoronata dietro alle transenne a pascersi di bufale e false flag della pur non brillante intelligence francese, la buona stampa italiana si divide. Tra chi, come l’ottimo Belpietro, titola bastardi islamici – e speriamo che l’espulsione richiesta all’odg lombardo sappia ridare un senso all’ordine dei giornalisti – sul suo giornale di cartastraccia e l’ancor più ottimo Feltri che lo difende a croce e spadone tratti, e l’intelligente e coraggiosa iniziativa della Repubblica meneghina che manda due sventurati “In giro per Milano con kefiah e niqab” per vedere l’effetto che fa, per cantarla come Jannacci. Poi dice che uno si iscrive ai terroristi, per dirla come il buon Mario Magnotta.
E che nessuno si azzardi a scrivere Is, d’ora innanzi. Daesh – l’acronimo arabo di Al dawla al islamiya fi al Iraq wal Sham (Stato islamico dell’Iraq e della grande Siria nel Levante), suggerito da John Kerry al G20 di Vienna – è la nuova parola d’ordine, onde evitare ogni riferimento all’Islam. Suona meglio e lava più bianco. Anna Maria Brogi sull’Avvenire spiega meglio di altri tale scelta di civiltà, con buona pace d’ogni buonsenso e parole ecumeniche. Distanti assai dal maledetti pronunciato dal buon pastore e subito risospinto ai quattro angoli del globo dai media, fascinati da tanto savio ardore.
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