La grande bellezza La guerra infinita

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Trecentomila a Roma, un paio di milioni in giro per l’Italia, la risposta di massa al genocidio dei palestinesi e all’impunità di uno stato terrorista. Gaza siamo tutti noi, e forse la grande narrazione comincia a incrinarsi

Ieri Roma è stata traversata dalla grande bellezza. Capace di sovrastare pure quella dei suoi monumenti marcescenti. E, con Roma, altre cento piazze si sono aperte alla moltitudine che ha traversato da nord a sud il paese. Una massa, perlopiù di giovani, che nonostante il dileggio e la disinformazione massificate, il discervellamento programmato e il rincoglionimento collettivo, ha mostrato che, forse, si può ancora sperare in una coscienza resistenziale, in una mobilitazione di massa contro il buco nero in cui il mondo sta precipitando. Trecentomila persone solo nella capitale, un paio di milioni in giro per l’Italia, è la risposta corale alla follia di un genocidio – non si dica guerra, per buonsenso e carità – e l’aggressione indiscriminata alla flottiglia di soccorso – materiale e soprattutto morale – alla dissoluzione di un popolo, e con essa alla barbarie senza freni imposta da un manipolo di massacratori. Come il mitico Sansone contro i Filistei – i Palestinesi del tempo – essi, gli israelioti, finiranno l’opera iniziata a Gaza trascinando con sé il globo, incuranti di tutti ma decisi a tutto, pur di giungere alla grande Israele e alla sedicente sicurezza per i figli spuri di Sion. Gli altri, si fottano. Si pieghino o muoiano.

La fine è nota. O no?

A tutto ciò la folla di ieri ha detto no, basta. Basta con le menzogne e il massacro indiscriminato. Per chi, come il sottoscritto, ha vissuto la coda degli anni di piombo e l’orrore di piazza a Genova nel 2001, passando per la contestazione studentesca della Pantera negli anni ‘90, tutto è già visto, la fine è nota, ma anche no, intanto è una bellezza. Una grande bellezza. Poi verranno i pavidi e gli opportunisti. I traditori e i provocatori già si sono visti all’opera e sempre più si vedranno, se come prevedibile il moto di protesta continuerà. Come è sempre stato e sempre sarà nelle corde di un potere brutale, sedicente democratico ma nei fatti totalitario, che non arretra davanti a niente pur di reprimere il dissenso, e nell’animo dei suoi servi più o meno sciocchi. Per ora godiamoci tanta bellezza, comprese mosche cocchiere che cavalcano il movimento e anime belle che l’attraversano.

Gli altri, quelli che…

Davanti e di lato a tanta bellezza gli altri. Quelli che protestare è giusto, però così non va, si crea tanto disagio. Quelli del c’ho famiglia, mi faccio i fatti miei e voi fatevi i vostri. Quelli del chi ve lo fa fare, tanto niente cambierà. Quelli del mi fanno schifo tutti, so’ tutti uguali, s’ammazzassero tra loro. Quelli che la guerra è guerra e dalli ai terroristi. Quelli del ch’hanno ragione gli ebrei, poverini, che tanto hanno patito nei lager e nella storia. Quelli del volemose bene, che tutto finirà e pure stanotte ha da passà. Quelli – Dio o chi per lui non li perdoni perché sanno quello che fanno – che mettono in prima pagina due ebrei accoltellati e oscurano l’abbordaggio della flottiglia, che si sdegnano del pianto d’un artista per la Palestina e sparano a zero sui manifestanti nei loro giornaloni e tiggì, mostrando violenze artefatte. A questi si può voltare le spalle con un sorriso di noncuranza e compatimento, ma auguro sinceramente di passare un quarto d’ora, coi loro figli e vecchi di casa, nell’inferno terreno di Gaza. Tra un decennio o poco più, non ci sarà spicchio di quest’Occidente alla frutta dove non si svuoteranno i posacenere della terra bruciata che stiamo facendo intorno. Oggi Gaza domani dovunque, con la guerra globale che s’apparecchia e s’appressa ogni giorno di più. Ma queste sono chiacchiere a vuoto, specie per chi non vede né sente e pensa che il suo deretano sarà sempre al caldo e al riparo. La terza guerra mondiale è già cominciata ma nell’ora della fiction tutti guardano altrove. I giovani e non che ieri hanno manifestato nelle cento piazze di Gaza per Gaza guardavano dritto al futuro, più spaventoso delle guardie messe a sbarragli il passo e dei latrati dei cani da guardia mediatici a guinzaglio del padrone.

I puntini sulle i

Intanto, per non dimenticare, è bene mettere qualche puntino sulle i. Quella che si combatte a Gaza, in Siria – oltre mille bombardamenti aerei e centinaia di operazioni terrestri d’Israele dalla caduta di Assad, nonostante il fido servitor Al Jolani che n’ha preso il posto, da gennaio – e nella Cisgiordania. Dove persino Trump ha detto all’amico Bibi di stare alla larga, a chiacchiere, non è guerra ma genocidio. Cosciente volontà di sterminio di un popolo. Sulle rovine della Striscia e altrove sorgeranno resort e palazzine residenziali con piscina in bellavista e per molti sarà un bel progresso – tour operator e agenti immobiliari già fanno la spola – costato un bagno di sangue. Se e quando questo finirà, se il macellajo di Tel Aviv e i suoi accoliti dovessero essere finalmente giudicati per i reati commessi davanti alla corte di giustizia internazionale – che Israele, come i padrini Usa non riconoscono – lui e i suoi accoliti finirebbero in galera fino alla fine dei loro giorni. Anche per questo la guerra continua. Quanto ad Hamas, va ripetuto, fino allo sfinimento, che è una creatura sorta dal mancorrente di Tel Aviv per porre fine all’egemonia dell’Olp e i massacri dell’ottobre di un anno fa, con l’odissea dei rapiti, sono stati il veicolo per il genocidio, passando per le centinaia di miliziani uccisi o feriti dall’intelligence israeliana grazie ai congegni elettrici.

Crepe nella grande narrazione

Così uno stato terrorista semina terrore nel mondo, in spregio a qualunque diritto o senso della misura. Bombarda e devasta qualunque paese, chiunque si frapponga il proprio diritto alla vita, libero di toglierla a tutti. In fondo, han patito l’olocausto. E la grande narrazione persiste, con qualche crepa appena percettibile. Inattacabile fino a qualche tempo fa, anche questa, quella che Costanzo Preve chiamava la religione olocaustica, comincia a incrinarsi. Che tutto sia concesso a chi tanto ha subito, che l’olocausto subito si ripaghi con l’olocausto imposto. Tempo ne occorrerà, perché questo inossidabile mito dei tempi moderni vada in pezzi, ma la ruota della storia e della fortuna girano inesorabili, come recita un noto presentatore e la sua splendida valletta su un canale non oscurato dagli hacker di Sion. Il futuro è già alle nostre spalle, s’intravede appena nel fumo di Gaza tra le fole mediatiche.


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